Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2358Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
Partendo da questo intendo con questo post rispondere a quanti da tempo, e in particolare negli ultimi giorni, mi chiedono una “posizione” a riguardo. Premetto che è il peccato ad essere condannato e mai il peccatore come persona, dissento da quanto alcuni blog tra cui PontifexBlog hanno dichiarato in questi giorni, asserendo in modo provocatorio, “Meglio mafiosi che gay, la provocazione di Pontifex” di Bruno Volpe.
O ancora meglio (o peggio) la dichiarazione del Cardinal Bagnasco, all’indomani della decisione del governo Hollande. Su Gay.tv la risposta di Saviano al cardinale.
E’ indubbio che tante altre situazioni facciano intravedere quell’orlo del baratro, di cui parla il presule, ma è pur vero che una certa mentalità e una certa morale individualista e oserei dire “del momento” sta lasciando poca lucidità sull’argomento.
La Chiesa, in quanto istituzione, o nella sua parte più viva, nel popolo di Dio, non condanna in nessun modo l’omosessuale in quanto tale, e né vorrebbe privarlo dei propri diritti Civili, a tutela della propria coppia presenti in ogni stato Civile.
Ma il gioco si svolgendo sulle testate giornalistiche, che poco spiegano, e molto gridano attraverso titoli che farebbero tremare qualsivoglia essere umano, per ben rispondere alle strategie di Marketing.
E si finisce per mettere nello stesso calderone, Matrimonio, unione, riconoscimento civile, adozione.
Andando con ordine intendo sollevare alcuni interrogativi in merito:
REGISTRO DELLE UNIONI CIVILI - Sottolineo che non si tratta di uno scontro tra una visione religiosa e una visione laica, ma riguarda proprio la concezione dell’umano.
Una relazione matrimoniale è testimoniata dall’unione costituita da un uomo e da una donna. Il fraintendimento che emerge alla base di un registro per le coppie gay, e ancor più se si parla di "matrimonio" possibilità di essere "famiglia" con tanto di figli, non riguarda banalmente una condizione biologica, ma va ben oltre: con il matrimonio ci si realizza nell’alterità vera, cioè nell’altro come diverso da me.
Qualcuno sostiene la necessità di un registro per le unioni di fatto come garanzia per le coppie che non intendono vincolarsi tra loro con un matrimonio, ma che ne esigono gli stessi diritti.
La questione da porre alla base di questa discussione è: i diritti si fondano sui desideri?
Se la risposta è sì, tutto è diritto, anche in assenza di qualsivoglia dovere, diimenticando la natura dei diritti che sono legati alla reale e concreta natura dell’uomo.
La battaglia in corso è tra una cultura che vede il limite come un valore, e un’altra cultura dove ogni limite viene eliminato. Affermare che l’unione eterosessuale è uguale a quella tra persone dello stesso sesso significa pensare che tra maschio e femmina non c’è differenza, cioè che ogni individuo è totipotente e indifferenziato, che non ha limiti, perché ognuno è tutto. Non a caso il terreno di questa battaglia è proprio il sesso, la differenza più radicale nella persona, l’aspetto davvero fondante del limite: chi è maschio non è anche femmina e viceversa. Pensiamoci bene: qualsiasi donna incinta chiede subito se il figlio «è maschio o femmina», perché così ne conosce l’identità.
ADOZIONE DA PARTE DI COPPIE GAY -"l'uguaglianza è una cosa, il rispetto della diversità è altro perché proprio per avere un'uguaglianza robusta è necessario rispettare le diversità”.
Lo Afferma Mons. Paglia, Presidente del Dicastero della Famiglia. E’ qui che si dovrebbe chiarire la faccenda. È contro ogni ragionevole dubbio, e dico ragionevole, che un Bambino nasca da una coppia eterosessuale, e permettendo a coppie che naturalmente non possono avere figli di crescerne uno è creare un precedente in cui l’adozione non è più un cercare di ripristinare una condizione “naturale”, ma la realizzazione del desiderio di altri.
Non è più il bambino a desiderare quella mamma e papà che ha perso, ma la realizzazione del desiderio di due persone che naturalmente non possono. In natura possono generare due diversità, che proprio nel concepimento realizzano quello che si possiamo definire il perchè della loro stessa unione.
A questo punto ci sarebbe da definire di per sè il significato autentico del rapporto sessuale, evidenzio solo come lo stesso non ha un valore edonistico, dove il bene morale è indentificato col piacere in sè.
Crescerà bene, crescerà male? Non so, probabilmente benissimo, ma il discorso, come ho cercato di spiegare è un altro. E’ bene, o è male garantire ad un bambino che già ha vissuto il trauma della perdita di un genitore, una famiglia come quella che lo ha generato? E' il diritto del bambino vivere in una coppia eterosessuale o il desiderio di una coppia omosessuale?
Sarebbe stupido, ma forse bisognerebbe chiedere proprio al bambino. (stupido forse non tanto!)
Concludo ancora una volta ricordando il Catechismo: Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.
Nessuna discriminazione, ma le giuste diversità. Differenze che devono imparare a coesistere nel pieno rispetto delle persone e condizioni, amando prima di tutto il bene in sé.
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