Laura ha da poco rotto con Marco. Lui sta male. Lei
pensa di rifarsi del tempo perso. Lui era troppo “nullafacente e inconcludente”.
Si era stancata. Non c’era un motivo valido. Solo che era stanca. Di Lui? Non
lo sappiamo. Dopo poco incontra un altro ragazzo. La “prende”. Decide di
concedersi.
Lui continua a stare male. Lei si dice innamorata. La domanda torna… Era
stanca, di lui?
Di storie del genere, abbiamo occasione di
incontrarle quotidianamente, nulla di cui scandalizzarsi. Forse. Non giudico, e
comunque sia cercherò di evitare di farlo, la persona.
“All’uomo moderno sembra … che la questione dell’amore
non abbia a che fare con il vero. L’amore risulta oggi un’esperienza legata al
mondo dei sentimenti incostanti e non più alla verità”
Lumen Fidei.
In effetti l’amore “non si può ridurre ad un sentimento che va e che viene”, l’amore
ha bisogno di stabilità per costruire rapporti interpersonali profondi, per “perdurare
nel tempo e superare l’istante dell’effimero”. Oggi per contro vige la
logica del consumo delle persone rinunciando alla grande scommessa del progetto
di un futuro insieme. Nella coppia si cerca una vivibilità fondata quasi
esclusivamente sull’empatia e sull’intensità del “sentire”, col risultato di
fare prove su prove con persone diverse provocando nella migliore delle ipotesi
dolore e sofferenze, in altre rovinando famiglie e segnando figli ignari e non
colpevoli.
Premesso quindi che l’Amore non è un apparecchio il
cui compito consiste nel “misurare” il grado in percentuali di affinità e di
intesa. Non consiste nello “stare bene insieme” emotivamente. Aristofale già ci
ricorda che esso (l’amore) consiste nella bene-volenza .
Dire a qualcuno “ti voglio bene” equivale a
impegnarsi a cercare con tutte le proprie forze il bene dell’altro. A far si
che questo venga edificato fino a far diventare il “bene altrui” una premura
personale.
Mi pare, dunque, che alla luce di ciò sia essenziale
spostare il baricentro della vita di coppia, passare dal presupposto del proprio
bene (o quello che sento per l’altro) a quello dell’altro in maniera decisiva e
impegnata, senza alcuna ipocrisia di sorta. Lasciando le mie emozioni, sono in
grado di realizzarmi nell’altro. Allorquando i suoi obiettivi saranno
realizzati, i suoi sogni tramutati in realtà, senza dubbio avrò la grande
soddisfazione di veder realizzati i miei, in quanto coincideranno, perché il
mio bene è in colui/colei nel quale mi sono affidato, e per il quale ho “provato
bene”.
La stanchezza nella relazione si traduce in
malessere nel momento in cui non ho il coraggio di spostare il “baricentro” del
mio desiderio da me all’altro.
A tal proposito concludo con una definizione del
Card. Carlo Maria Martini, scomparso un anno fa, che nel suo dizionario
spirituale, descrive così la parola AMORE:
Chiamo amore quell’esperienza intensa,
indimenticabile e inconfondibile che si può fare soltanto nell'incontro con
un'altra persona.
Non c'è quindi amore con una cosa astratta, con una virtù. Non c'è amore solitario. L'amore suppone sempre un altro e si attua in un incontro concreto. Per questo l'amore ha bisogno di appuntamenti, di scambi, di gesti, di parole, di doni che, se sono parziali, sono tuttavia simbolo del dono pieno di una persona ad un'altra.
Amore è
dunque incontrare un'altra persona scambiandosi dei doni, è esperienza in cui
si dà qualcosa di sé e c'è più amore quanto più si dà qualcosa di sé.Non c'è quindi amore con una cosa astratta, con una virtù. Non c'è amore solitario. L'amore suppone sempre un altro e si attua in un incontro concreto. Per questo l'amore ha bisogno di appuntamenti, di scambi, di gesti, di parole, di doni che, se sono parziali, sono tuttavia simbolo del dono pieno di una persona ad un'altra.
L'amore è un incontro in cui l'altro ci appare importante, in un certo senso più importante di me: così importante che, al limite, io vorrei che lui fosse anche con perdita di me. Uno scopre di essere innamorato quando si accorge che l'altro gli è divenuto, in qualche modo, più importante di se stesso. Per questo l'amore realizza qualcosa che potremmo chiamare un'estasi, un uscire da sé, dal proprio tornaconto: una sorta di estasi in cui io mi sento tanto più vero e tanto più autentico, tanto più genuinamente io quanto più mi dono, mi spendo e non mi appartengo più in esclusiva.
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