martedì 22 ottobre 2013

Nonna Sisina



Non ho molti ricordi della mia infanzia, specie quelli legati ai miei nonni. Ma la cara Nonna Sisina (Teresa alla nascita) è per me un felice e costante ricordo, per quello che lei più di altri mi ha donato. La fede a Gesù e l’amore a Maria, sua Mamma.

Ricordo da sempre, quei bellissimi pomeriggi passati insieme, in prossimità di quelle ricorrenze in cui tutta la famiglia è riunita e dal primo pomeriggio si prepara ogni genere di prelibatezza per “moh cà ven iattand!” (traduco letteralmente: moh che viene tuo padre!).

Si perché era quello il momento, il punto di arrivo, il senso del preparare. Aspettare il Padre e gli eventuali ospiti per iniziare a cenare, e per mostrare quanta ricchezza possedeva quella casa, non tanto in termini materiali, quanto in termini di “forza femminile”.

O meglio ancora di quella sana e salutare “sapienza” di cui erano intrise le nostre nonne, mamme e zie. Creatività, inventiva, tradizione, innovazione… tutto però nel seno di una amorevole regola famigliare: l’essere tutti.

Ritorno però sul bagaglio di fede, quell’ardente deposito che era la mia nonnina. Ricordo che mentre preparavamo la massa, io avevo il privilegio dei ritagli, con cui poter giocare. Invece della plastilina avevo tanta massa e tanta creatività da mettere in moto. E allora lei, con un coltello alla mano, mi insegnava a “realizzare” una madonnina in pasta, e nel mentre mi spiegava chi era, cosa aveva fatto, e che come la massa, era tanto buona. Aveva avuto un figlioletto, da Dio! E che lo amava tantissimo, e mi spiegava che anche io dovevo amarlo, non per altro per il fatto che lui mi voleva talmente bene da essere morto per me.

In quel momento non potevo far altro che “fidarmi” della nonna, e poi perché avrebbe dovuto ingannarmi? E non potevo pensare neppure che ci fosse “errore” in lei, non avevo neppure iniziato il catechismo! Durante il quale, purtroppo, nessuno ha saputo rendere vere e semplici quelle importanti verità, quanto lei.

Torniamo alla madonnina. Una volta realizzata, dovevamo pur “friggerla”, e una volta ben cotta la mangiavamo insieme, mentre mi spiegava che un giorno avrei mangiato una cosa del genere in Chiesa.

E infatti prontamente chiesi, se nel Catechismo (per me era un luogo), facessero i panzerotti. E lei, che voleva attirare la curiosità, si spianava la strada attraverso queste metafore per “inziarmi” alla Comunione… spiegandomi, che no, non c’erano i panzerotti, ma mi avrebbero dato “Il corpo di Gesù”, incalzando subito, in un pezzo di pane. Aggiunse: Tu non lo vedi, non lo puoi vedere, ma lui si nasconde in quel pane per venire nel tuo cuore e per farti diventare ogni giorno migliore, più bravo, più un bimbo che sa ascoltare.

Alla luce di quello che conosco oggi, forse quelle parole non erano proprio dettate dal caso, e non credo di far torto ad alcuno, se oggi penso alla mia Nonnina, come la prima Teologa con cui abbia studiato.

Ulteriori considerazioni possono essere superflue, ma a te Nonnina, a pochi giorni dal tuo onomastico, dico Grazie, perché tu più di tutti, mi hai insegnato quelle semplici e belle Verità, che sono fondamento della mia fede.
Non dicevi “Cristo, fa l’uomo nuovo”! Non pensavi ad una messa divertente. Non propinavi chissà quali dogmi e frasi confezionate, senza senso e prive di ogni fondamento nella ragione, ma trasmettevi quello che tu vivevi, quello che tu amavi, il Gesù che ci vuole bene, la Mamma sua che ce lo ha donato, e la sua presenza viva e vera nella Santa Comunione.

A te dico con tutto il cuore Grazie, adesso da lassù, salutami il tanto Caro Gesù, e chiedi alla sua Mamma di continuare a vegliare su di noi.

PS. Ogni tanto faccio ancora le madonnine con la pasta, ma il volto non mi viene bene, la tua mano era guidata da più amore del mio. Forse, tu a differenza mia, col Rosario tra le dita e il quadro della Vergine dinanzi, l’avevi impressa nel cuore.

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