di Joseph Ratzinger
[...] In questi ultimi anni si sono delineate
nuove tendenze nell’affrontare la questione femminile. Una prima
tendenza sottolinea fortemente la condizione di subordinazione della
donna, allo scopo di suscitare un atteggiamento di contestazione. La
donna, per essere se stessa, si costituisce quale antagonista dell’uomo.
Agli abusi di potere, essa risponde con una strategia di ricerca del
potere. Questo processo porta ad una rivalità tra i sessi, in cui
l’identità ed il ruolo dell’uno sono assunti a svantaggio dell’altro,
con la conseguenza di introdurre nell’antropologia una confusione
deleteria che ha il suo risvolto più immediato e nefasto nella struttura
della famiglia.
Una seconda tendenza emerge sulla scia della
prima. Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende
a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di
un condizionamento storico-culturale. In questo livellamento, la
differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere,
è sottolineata al massimo e ritenuta primaria. L’oscurarsi della
differenza o dualità dei sessi produce conseguenze enormi a diversi
livelli. Questa antropologia, che intendeva favorire prospettive
egualitarie per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico, di
fatto ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in
questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale, e cioè
composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità
all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa.
La radice immediata della suddetta tendenza si
colloca nel contesto della questione femminile, ma la sua motivazione
più profonda va ricercata nel tentativo della persona umana di liberarsi
dai propri condizionamenti biologici. Secondo questa prospettiva
antropologica la natura umana non avrebbe in se stessa caratteristiche
che si imporrebbero in maniera assoluta: ogni persona potrebbe o
dovrebbe modellarsi a suo piacimento, dal momento che sarebbe libera da
ogni predeterminazione legata alla sua costituzione essenziale.
Questa prospettiva ha molteplici conseguenze.
Anzitutto si rafforza l’idea che la liberazione della donna comporti una
critica alle Sacre Scritture che trasmetterebbero una concezione
patriarcale di Dio, alimentata da una cultura essenzialmente
maschilista. In secondo luogo tale tendenza considererebbe privo di
importanza e ininfluente il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto la
natura umana nella sua forma maschile.
Dinanzi a queste correnti di pensiero, la Chiesa, illuminata dalla fede in Gesù Cristo, parla invece di collaborazione attiva, proprio nel riconoscimento della stessa differenza, tra uomo e donna.
Per comprendere meglio il fondamento, il senso
e le conseguenze di questa risposta conviene tornare, sia pur
brevemente, alla Sacra Scrittura, ricca anche di umana sapienza, in cui
questa risposta si è manifestata progressivamente grazie all’intervento
di Dio a favore dell’umanità.
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